Il linguaggio è uno dei sistemi di segni adoperati nella normale comunicazione, tipicamente umano e dotato di caratteristiche del tutto peculiari. Un sistema di simboli finiti arbitrari combinati in accordo alle regole della grammatica per poter comunicare. I vari linguaggi usano suoni, combinazioni degli stessi e altri simboli per rappresentare oggetti, concetti, emozioni, idee e pensieri.
La capacità di linguaggio si è sviluppata nell’uomo a seguito di mutamenti strutturali della cavità orale. In particolare l’arretramento dell’ugola ha reso l’essere umano capace di esprimere una gamma sonora variegata, capace di garantire una non generica nomazione del mondo.
Il linguaggio è una prerogativa dell’uomo, senza il quale non sarebbe tale. Non esiste infatti in nessun altro essere vivente un linguaggio simile per complessità e livello di elaborazione.
Il testo sacro della Bibbia parla più volte del linguaggio. Prima di tutto con l’affermazione che Dio è il verbo. Nella genesi Adamo appena creato inizia a dare un nome a tutte le cose che lo circondano. Poi quando Eva lo convinse a mangiare la mela, il linguaggio appare come mezzo di comunicazione. Ancora, quando gli uomini vogliono raggiungere il cielo costruendo la torre di Babele vengono puniti da Dio per l’arroganza dimostrata con la diversificazione dei linguaggi umani.
Il problema delle origini del linguaggio umano si muove tra due posizioni, la prima che parla del linguaggio come innato, l’altra come una abilità appresa. Un’altra incertezza è se le tante lingue moderne derivino da una comune lingua originaria (ipotesi monogenetica) oppure da diversi ceppi primordiali (ipotesi poligenetica). Non c’è dubbio, comunque, che le lingue esistenti sono il risultato di un processo di differenziazione avvenuto nel corso dei millenni.
A sostegno della teoria dell’origine sociale del linguaggio, vi fu il caso clamoroso del “ragazzo selvaggio” scoperto nel 1828 in Francia, che per i primi dodici anni di vita era vissuto allo stato brado, unicamente a contatto con gli animali. Nonostante tutti gli sforzi dell’équipe dello psicologo Jean Marc Gaspard Itard, il “selvaggio dell’Aveyron” non fu in grado di articolare null’altro che qualche parola. Gli esperti conclusero che nella formazione dell’intelligenza e del linguaggio, la socializzazione e l’interazione con l’ambiente sono fondamentali dal primo giorno di vita.
Il primo a dimostrare che il linguaggio rappresenti una risorsa importante nello sviluppo intellettivo, vista la sua funzione mediatrice tra l’ambiente e l’essere umano, fu Ivan Pavlov, che effettuò lunghi studi ed esperimenti sulle percezioni e rappresentazioni mentali, oltre che sulle elaborazioni dei segnali, dai quali si formano i concetti.
Importanti ricerche in questo ambito furono realizzate da Jean Piaget, il quale sostenne la presenza di due fasi fondamentali di sviluppo: la prima è quella del linguaggio egocentrico (0-6 anni), costituito, per lo più, da ecolalie e monologhi, animismo e attribuzione ai nomi degli oggetti di una concretezza non reale; la seconda fase si espande nel linguaggio sociale, che prevede dialoghi e comunicazioni bilaterali.
Bernstein elaborò la teoria che indicava nello stretto legame fra ambiente (familiare) e orientamento, influenzato dal ceto e dalla tipologia professionale, il tipo di linguaggio, forbito, ricco oppure povero e concreto, sviluppato dagli individui.
Noam Chomsky afferma che le analogie strutturali che si riscontrano nelle varie lingue, fanno ritenere che vi sia una grammatica universale innata fatta di regole che permettono di collegare il numero limitato di fonemi che gli organi vocali della specie umana sono in grado di produrre. I biologi evoluzionisti hanno avanzato una teoria, che darebbe un fondamento evolutivo alla predisposizione umana alla lingua, basandosi su due concetti:
1. In primo luogo, tengono conto dei vantaggi evolutivi e quindi presuppone una naturale selezione della specie umana che era in grado di comunicare a scapito degli ominidi precedenti.
2. In secondo luogo, si tiene conto di come dei disturbi grammaticali che si riscontrano in alcuni individui siano a carattere ereditario e quindi abbiano fondamento genetico.
Sembra, dunque, che vi sia una base biologica di linguaggio nel patrimonio genetico della specie umana.