Le opportunità dello studiare

Ogni mattino alle prime luci dell’alba il freddo sprezzante lo percuoteva. Il piccolo garzone di bottega allora si alzava e si preparava. Per ripararsi dal freddo si agitava e sfregava le mani. Iniziava col trasportare le casse pesanti dal retro per sistemarle sulla strada. Poi prendeva la scopa e spazzava nello spazio davanti all’ingresso.

Lentamente il paese si svegliava e le prime voci si levavano dalle case. I bambini coi loro zaini in spalla andavano verso scuola tenendo la mano dei genitori. Il piccolo garzone li ammirava. Non era geloso, era triste. Perché loro andavano a studiare, ad imparare. Lui no. Lui non sapeva nemmeno leggere.

Durante le pause supplicava il padrone di insegnargli qualcosa, di scrivergli l’alfabeto, di aiutarlo aleggere. Ma questi gli diceva che era una perdita di tempo. Che c’era tanto lavoro da fare ed era inutile dedicarsi a tali inutilità. Ma il garzone non si arrendeva. Ogni volta che tra gli scatoloni trovava qualche rivista o inserto di grammatica italiana lo prendeva e lo andava a nascondere nel suo piccolo armadietto.

All’imbrunire, dopo aver finito il suo lavoro, trascorreva moltissimo tempo con questi preziosi scritti al lume di una piccola candela. Era contento, se s’impegnava avrebbe imparato a leggere. Sognava di studiare, un giorno.
Giorno dopo giorno, foglio dopo foglio, appunto dopo appunto, iniziò a comprendere le scritture che ogni volta si trovava dinanzi. Ma tenne per sè tutti i suoi progressi, aveva paura di svelarli al suo padrone che sicuramente lo avrebbe osteggiato.

Erano mesi che oramai leggeva fluentemente i giornali vecchi buttati nella spazzatura dai ricchi signori in giacca e cravatta. Sapeva ciò che accadeva nel paese, conosceva bene la situazione politica ed economica della nazione. Ma era sempre attento a non mostrare la sua sapienza, sempre per il timore che lo accompagnava dall’infanzia.

Un giorno, mentre scaricava dei barili nella stradina dietro la bottega, udì un pianto prevenire da dietro un albero. Si avvicinò lentamente e vide un bambino ben vestito che piagnucolava con le mani che gli nascondevano il volto. Aveva la faccia rossa e con i piedi prendeva a calci la sua cartella.

Il piccolo garzone gli disse:” Perchè piangi, cosa ti è successo?”. Ed il bambino gli rispose:” Vattene! Cosa vuoi da me, non mi scocciare brutto garzone”.
Ma il garzone non se ne andò. Prese dalla tasca un fazzoletto pulito e glielo porse.
Il bambino allora smise di piangere e si pulì il viso.
Il garzone allora gli chiese perché stesse prendendo a calci la cartella. Il bambino gli rispose: ” E’ tutta colpa della scuola, io non ci voglio andare. Prendo sempre brutti voti. A me piace giocare”.
Il garzone spalancò gli occhi mentre sentiva quelle parole. ” Tu non ti rendi conto di cosa stai dicendo – disse al bambino – io che sono costretto a lavorare perchè non abbiamo nemmeno da mangiare, non posso studiare e sarò sempre un garzone perchè non potrò fare nessun altro lavoro.” Il bambino allora gli rispose: ” Ma allora non sai nemmeno leggere e scrivere?”. Il grazone gli rispose:” Ora sì, ma non sai quanta fatica c’è voluta. Per imparare non ho dormiro molte notti”.
Il bambino incredulo:” Non hai dormito per imparare? Sei stato bravo. Io non l’avrei fatto. I miei genitori mi sgridano sempre perchè io non voglio fare i compiti e non voglio andare a scuola. Ora ci vado per far contenti loro, ma non ci capisco nulla. Prima prendevo a calci la cartella perchè devo scrivere un testo e se non lo faccio i miei genitori mi rimproverano.”
Allora il piccolo garzone gli chiese di aspettarlo fino all’imbrunire. Quando chiuse la bottega, andarono insieme verso la casa del bambino a fare i compiti.

Il giorno dopo il garzone sentì chiamarlo da lontano: Carlo, carlo, carlo! Era Alberto, il bambino che il giorno prima piangeva. ” Ho preso un bel voto al testo che mi hai aiutato a fare ieri. Ho raccontato tutto a mio padre. Vuole che tu venga a scuola con me. Ti pagherà tutte le spese.”

Sono passati vent’anni da quel giorno. L’avvocato Carlo Ruggiatelli, il piccolo garzone, non dimentica la sua infanzia. La conserva nel suo animo preziosa come un germoglio.
Il germoglio del fiore della vita. Ogni giorno prima di andare nel suo studio legale in centro città, apre l’armadio e tira fuori una piaccola scatola di scarpe. Dentro ci sono i quotidiani vecchi di vent’anni.

Ma l’emozione e la voglia d’impare dalla vita sono sempre nuovi!

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Pubblicato da Alme Sol

L'istruzione è l'unica arma di cui disponiamo. Senza siamo prigionieri degli altri.

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