Volevo essere un bambino

Anche oggi piove. Lo sento dal ticchettio delle goccioline sulla parete. Anche oggi è grigio. Anche oggi mi sono svegliato alcuni minuti prima della sveglia. Sarà l’abitudine o forse la paura della sveglia.

Prima della sveglia sento la rarità del silenzio in casa. Per pochi attimi non sento nulla. La casa quando la viviamo non è mai silenziosa. E´ rumorosa. Perché ognuno di noi si trascina la propria vita dentro le mura domestiche. Ognuno di noi ha un’altra vita che non è quella che siamo in casa. Anche se insieme viviamo separati, con le nostre passioni a cui pensiamo anche mentre siamo con i nostri parenti. E anche quando parliamo con gli altri, spesso lo facciamo per confermare a noi stessi che siamo sulla strada giusta. Quando parliamo con gli altri, in verità parliamo prima con noi stessi per combattere le nostre insicurezze.

La sveglia suona.

Si odono i primi stiracchi, le pantofole che si scontrano coi piedi. La porta del bagno che si apre, il rumore della moka del caffé. E poi iniziano i lamenti, le urla.

“Paolooooooooooooo, svegliati!!! Fa presto, sono in ritardo”. Lei è in ritardo, non io. Lei. Io sono una parte del suo Lei. Non sono io che arrivo tardi a scuola, che devo fare colazione, che devo lavarmi e vestirmi. E Lei che non deve rovinare i suoi equilibri.

“Robertaaaaaaaaaaa, dove hai messo la camicia azzurra”? Dove l’ha messa, perché in casa è scontato che le cose le mettano gli altri chissà dove. Forse perché si vive in una casa di cui non conosciamo nemmeno l’ordine ed i contenuti.

Mi tolgo il pigiama ed indosso jeans e felpa. Mi siedo a tavola dove una tazza di latte e due brioche mi attendono. Non parlo. Mangio in fretta – perché il tempo in questa vita non c’è più. Corro in bagno. Non parlo. Mi lavo i denti e la faccia. Mi passo la mano per i capelli per sistemarmeli col gel. Non parlo.

Esco di casa, mia mamma mi aspetta in auto. L’auto è accesa ed anche il motore si lamenta del tempo che corre. Metto le cuffie ed ascolto fabri fibra.
Mamma è già al cellulare che parla. Parla, parla, parla. Con le amiche, gli amici. Con loro parla più che con noi a casa. A casa non si parla.
Appoggio la testa al finestrino ma non guardo il mondo, perché mi è estraneo. Non mi sono estranei i miei amici, la pallacanestro, la discoteca. Il resto, boh… Non so.

L’auto si ferma, mamma mi dà un bacio sulla guancia ed io vado. Mi tiro la lampo del giubbotto ed entro a scuola.

[N.Iacono]

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Pubblicato da Alme Sol

L'istruzione è l'unica arma di cui disponiamo. Senza siamo prigionieri degli altri.

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